Nel 2005, il mio figlio più giovane smise di mangiare. Non usciva
dalla sua stanza. Era chiuso in se stesso. Quel bambino dolce,
comunicativo, pieno di vita era rimpiazzato da uno scontroso,
aggressivo e con fissazioni. Era quindicenne, quindi la sua
adolescenza era appena iniziata. Era bravo a scuola e popolare
tra i compagni. Io non ci badavo più di tanto, perché pensavo
fossero le tipiche crisi adolescenziali che tutti conosciamo.
Però lui iniziò presto a perdere peso. Non mangiava niente se
non un po’ di pane integrale e acqua. La sua situazione di salute
iniziò a prendere una piega seria. Lo portai da uno psicologo. Gli
fu diagnosticata anoressia nervosa. Iniziammo a lottare contro
questo problema. Nel 2006, improvvisamente, mi sentì male al
lavoro. I dottori mi diagnosticarono un’aneurisma cerebrale e mi
portarono immediatamente nella sala operazioni, dicendo ai miei
parenti che avevo il 20% di speranza di farcela dopo l’operazione.
Mi fecero dormire per 3 giorni. Al risveglio nel mio letto, ero troppo
felice di essere ancora in vita.
L’unica cosa che imparai mentre ero malata è che la vita è troppo
corta e tutto potrebbe accadere in ogni momento, uno dovrebbe
essere felice e godersi appieno la vita.
Tornai a casa. Ero nel mio periodo di ripresa.
Il mio dolce figlio più giovane si sedette di fronte a me e disse
qualcosa che rovesciò tutto quello che credevo della vita
sottosopra, che era più difficile che capire che non sapevo in
realtà quello che sapevo, più difficile della chirurgia, del divorzio,
del trovare un lavoro… più difficile di tutti gli ostacoli che avevo
spesso combattuto nella mia vita.
Lui disse “Mamma, la mia anima è diversa dal mio corpo”. Io
non capii. Lo guardai negli occhi, cercando di capire “cosa vuole
dirmi?” ma non capivo. Chiesi “In che senso?” e lui rispose “Io in
realtà sono una ragazza, il mio corpo è quello di un ragazzo.”
Io mi bloccai, fui presa alla sprovvista, mi mancò il respiro.
Sedemmo in silenzio per un bel po’. Ci pensai su. Mi dissi “non
ha capito il passaggio dell’adolescenza, oppure si è ammalato
mentalmente.” Mi calmai. Avrei trovato una soluzione a tutto
comunque. C’era una soluzione per questo anche, pensai, e
ruppi il silenzio. Dissi:” tesoro, non preoccuparti di questo, ce ne
prenderemo cura in qualche modo”. Dissi quello, ma ero molto
confusa in realtà. Sentivo dolore da dentro, vedevo solo una lunga,
buia strada di fronte a me. Ero pietrificata.
Feci molte visite da psichiatri. Volevo che loro dicessero che era
una cosa temporanea, un disordine di tipo psicologico. Volevo che
dicessere “E’ confuso dall’adolescenza”.
L’ultimo psichiatra che consultammo ci mandò in una facoltà
medica in un’università di Istanbul. La professoressa prese mio
figlio nella sua stanza e parlarono per un po’, poi chiamò me. Lei
mi chiese :”Cosa ti aspetti da qui, da me, da tuo figlio? Perché sei
qui?” Io dissi “Mi aspetto di chiarire la situazione di mio figlio e di
iniziare ad accettarla”. Lei portò mio figlio fuori.
Poi mi disse “Suo figlio è un transessuale, inizi ad accettarlo”.
Non riuscii a rimanere in piedi, tremavo. Mi sentivo senza aiuto.
Dopo aver mandato mio figlio e suo fratello a casa, mi sono seduta
su una panchina e ho iniziato a piangere. Piangevo, bruciando
dentro. “Ho perso mio figlio”, pensavo “Ho perso un figlio”. Piansi
specialmente per questo. Poi smisi di piangere. Improvvisamente,
mia figlia era nata. Si, si, avevo una figlia, e di 15 anni, grande,
anche! Iniziai il percorso di accettazione. Cosa significava? La
mia famiglia? I miei amici? Il mio lavoro? Il mio vicinato? La sua
scuola, il suo lavoro, la sua vita?
Vidi mia figlia che era nata a 15 anni dal punto di vista di tutti gli
altri. Oh, era estenuante, così buio. Passai al mio punto di vista e
pensai a mia figlia. Ebbi paura. Come avrei potuto crescere questo
figlio? Non avevo idea circa questo.
Ma per mio figlio, il mio bambino, per cui avrei dato con gioia
la mia vita per farlo vivere sano, felice e sicuro tutta la sua vita;
per riuscire a renderla indipendente, per studiare… prima, avrei
dovuto educare me stessa e fare ricerche. L’ho fatto volentieri per
mia figlia, perché lei non mi ha tradito. Non ha rubato, o ucciso
nessuno. Non ha mancato di rispetto a nessuno. Onestamente,
disse: “aiutami, mamma”. Aprì il suo cuore a me. Mi disse le sue
emozioni, come si sentiva. Lei non si nascose. Per questa sua
onestà, io mi sentivo più forte.
Iniziò ad andare in terapia.
Iniziai a trovare fascicoli, pinzette, ecc. in camera di mia figlia.
Ogni volta che c’era una prima volta, io rimanevo pietrificata.
Poi ho cercato una soluzione. Le presi semplicemente un set
completo per makeup e glielo misi nella sua stanza. Le portai
anche un bello specchio.
Capii che la prima cosa da fare per aiutarla era supportarla a
raggiungere il corpo e l’identità che lei cercava attraverso i vestiti,
ma lei esagerava troppo… quando le dissi “ragazza, perché fai
questo? Queste unghie non possono essere così lunghe, e le
sopracciglia così fini… le ragazze fanno in un altro modo e si
comportano come signore”, lei si arrabbiava con me e iniziava a
dire “Io voglio fare così. Sarò super sexy!”. Le comprai reggiseni
in diversi colori così non avrebbe preso ormoni da sola e non si
sarebbe rovinata la salute.
Quando le insegnai come usarli, morivo dentro, pensando “Perché
sta succedendo questo? Cosa sto facendo?”. Ma poi lei si girava
verso di me e diceva sorridendo “guarda, mamma, non è bello?” e
io ritornavo immediatamente in me stessa ed ero felice… perché
lei era felice!
Provai a capire entrambe con me stessa e con i miei sentimenti e
le esagerazioni di mia figlia per essere una bella ragazza.
Intanto, lei venne accettata in un’università. Iniziò a usare ormoni
sotto sorveglianza medica. I suoi capelli crebbero, lei si fermò
con le sue esagerazioni. Acquistò confidenza in se stessa, visse,
in un modo esagerato, le emozioni che nascondeva dentro, ma
finalmente dopo un po’ raggiunse la maturità che la sua età
richiedeva.
La mia bimba iniziò a crescere. Mentre questo succedeva, io ero
spaventata, ansiosa, nervosa.. e ancora lo sono.
La ragione deve essere la voglia di proteggerla e starle affianco..
maternità, ecco cos’è!
Sono felice che mia figlia non nascose se stessa e la sua
situazione sessuale a me. Nascondersi e dire bugie nascono dalla
paura di essere rifiutati. Penso, più onesti siamo in vita, meglio è
per noi stessi e il nostro ambiente.
Noi, genitori, abbiamo un sacco da fare. Le famiglia che rifiutano e
condannano i loro figli stanno scappando da se stessi.
Loro non si confrontano a causa della gente attorno a loro.
La società ha pregiudizi contro i nostri figli che hanno una identità
sessuale differente.
Quando loro dovrebbero lavorare “meritevole”, il fatto che
non “possono trovare un buon lavoro” è il dilemma più spezza
cuore che l’ignoranza della società attuale crea. Io credo che
l’identità sessuale sia una parte che non si può cambiare
dell’identità individuale, e che la società ha da cambiare il suo
punto di vista e non il contrario, ovvero l’uniformarsi dell’individuo.
Per questo, c’è bisogno del supporto dei genitori. La vita è troppo
corta, lasciate la gente, a prescindere dalla loro identità sessuale
e di genere, vivere sani, felici e sicuri, per farli essere felice.
Seguiamo i nostri figli.
Non facciamo in modo di mortificarci, noi e loro, con il classico “Ma
cosa direbbero gli altri?”. Prendiamo coscienza. Parliamo con i
nostri figli. Dobbiamo farlo, perché io credo che le vere perversioni
nascono da un risultato di occultamento ed estraniamento.
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